Massimo Pasqualone è alla continua ricerca del “bello”; è al concetto di bellezza che dedica infatti gran parte delle sue riflessioni. Una bellezza narrata e ospitata dall’arte e che non è la banale perfezione che colpisce i sensi ma è bellezza della verità, testimonianza di eternità, porta dell’infinito. Bellezza anche della sofferenza perché il dolore è umano, ci ricorda la nostra caducità, ci purifica e ci sublima ponendoci di fronte alla nostra umanità che è un frammento dell’eternità. È la bellezza che Pasqualone cerca nei poeti, nei pittori, negli scrittori, negli scultori, in tutti coloro che in qualche forma attingono alla fonte dell’arte; è essa che celebra e insegue nei suoi scritti critici e nelle sue poesie. La ricerca dell’altro nel sé, della totalità nel frammento, la malinconia dell’anima che “si frantuma” e pure sorride alle avversità della vita; il critico, il poeta, il filosofo sono solo tante sfaccettature di un uomo che vive appieno la sua umanità. Come dice Dario Ballantini “Pasqualone ha capito che forse non c’è limite al cercare e che proprio questo ci fa differenti dal resto del creato”.